Commercio internazionale, l’Italia supera il Giappone
Data pubblicazione: 17 giugno 2025
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- Per la prima volta siamo quinti nella classifica mondiale dei Paesi più esportatori
- Non solo: la differenza tra le esportazioni e le importazioni nei mercati extra-europei ha raggiunto i 65,1 miliardi: record storico
- Farmaceutica, chimica e food sono tra le industry con i dati migliori
BALZO DEL MADE IN ITALY, RECORD STORICO DELL’EXPORT
L’avanzo commerciale verso i Paesi extra europei a quota 65,1 miliardi grazie a mercati dove eravamo assenti
Vendite boom fuori dall’Europa
La crescita delle esportazioni tra 2023 e 2024
Fonte: Istat
Ci sono molti record di cui non andare fieri, come per esempio quello relativo al debito pubblico. Ma ce ne sono molti altri dei quali non si parla, ma che non solo sono estremamente positivi, ma che danno una rappresentazione più veritiera del reale stato di salute dell’economia italiana. Uno di questi riguarda il commercio internazionale.
Vediamo i numeri partendo dal saldo commerciale, la differenza tra esportazioni ed importazioni. Ebbene: nel 2024 abbiamo esportato molto di più di quanto importato per ben 54 miliardi e 934 milioni di euro, in crescita dai 34 miliardi e 11 milioni nel 2023 e, soprattutto, di fronte al disavanzo di 34 miliardi e 52 milioni del 2022. Solamente nel 2020 l’avanzo commerciale italiano è stato più alto, di 63 miliardi e 291 milioni, ma solo perché il crollo della domanda dovuto alla pandemia di Covid aveva ridotto fortemente sia il costo dei rifornimenti energetici sia i consumi e, quindi, le importazioni. Per questo il risultato raggiunto nel 2024 è eccezionale e non è l’unico.
Il made in Italy ha successo fuori dall’Ue
Il commercio internazionale con i Paesi extra-europei ha raggiunto un avanzo mai toccato prima: 65 miliardi e 76 milioni di euro, quasi 20 miliardi in più rispetto al 2023 e in netto contrasto rispetto al deficit di 25 miliardi e 861 milioni del 2022. Non si tratta solo dell’effetto della riduzione dei costi all’importazione dei beni energetici perché anche senza considerare l’energia i numeri sono in netto aumento: l’avanzo complessivo al netto, appunto, dell’energia è passato da 99 miliardi e 148 milioni a 104 miliardi e 478 milioni, mentre quello relativo solo ai Paesi extra-Ue (sempre al netto dell’energia) da 114 miliardi e 670 milioni a 115 miliardi e 209 milioni.
Significa che a essere cresciuta è stata proprio l’attrattività delle nostre imprese in gran parte dei settori industriali, visto che, per esempio, per i beni di consumo il saldo positivo verso le economie extra-Ue è salito di circa 4,6 miliardi tra 2023 e 2024, giungendo a 57 miliardi e 554 milioni, ed è quasi raddoppiato rispetto al 2019, quando è stato di 29 miliardi e 192 milioni. A trainare il dato sono stati in particolare i beni durevoli, il cui export è salito del 21% tra 2023 e 2024.
I numeri dicono, quindi, che le aziende italiane sono state bravissime nel riuscire a penetrare i mercati internazionali intercettando la domanda crescente nei mercati emergenti e nel convertire le proprie strategie in modo da compensare la stagnazione delle economie europee. È per questo che se tra 2022 e 2024 le esportazioni totali verso il mercato Ue (inclusi i beni energetici) sono scese di 12,3 miliardi, quelle verso il resto del mondo sono aumentate di 9,7 miliardi. Il resto l’ha fatto la forte riduzione dell’import, che verso i Paesi extra-Ue è diminuito nello stesso periodo di 81,3 miliardi mentre quello verso l’Ue di 10,4 miliardi.
Sud Est asiatico, Sudamerica, Oceania, i nuovi orizzonti delle merci italiane
È qui, nella diversificazione del nostro export, ancora più che nella sua crescita, che sta la buona notizia. È vero, buona parte del merito dei 65,1 miliardi di saldo verso i Paesi extra-europei va al commercio con gli Stati Uniti, verso i quali nel 2024 il nostro avanzo è stato di 38 miliardi e 870 milioni, oltre dieci in più rispetto a quello del 2019. Tuttavia c’è un’inversione di tendenza nella nostra dipendenza dagli Usa, visto che l’anno scorso le esportazioni verso il mercato americano sono diminuite del 3,6%, ma sono state più che compensate dall’aumento di quelle verso molte altre destinazioni.
Tra 2023 e 2024 sono salite di ben il 23,9% verso la Turchia (grazie alle vendite di oro e gioielleria); del 5,5% verso il Medio Oriente; del 6,7% verso l’America centro-meridionale; del 7% verso l’Oceania e di ben il 10,3% verso i Paesi Asean. Questi ultimi, per esempio, sono spesso ignorati dalle cronache economiche, ma parliamo di 10 grandi economie in forte crescita, dall’Indonesia alla Thailandia, dal Vietnam alle Filippine: 683 milioni di abitanti con un Pil di 4.249 miliardi di dollari, quasi quanto il Giappone.
Verso gran parte di queste aree del mondo, lontane dalle tradizionali direttrici commerciali, l’Italia ha anche un avanzo commerciale che si è espanso nel tempo. Nel caso dell’America Latina, per esempio, ha raggiunto gli 8 miliardi e 538 milioni, quasi il doppio rispetto ai 4 miliardi e 364 milioni del 2019; in quello dell’Oceania è stato di 13 miliardi e 719 milioni pari a 5,6 miliardi in più rispetto a cinque anni prima.
Saper espandere le proprie strategie di vendita anche in aree un tempo meno frequentate dal Made in Italy ha fatto così bene alla nostra bilancia commerciale che, secondo il Wto, nel primo semestre 2024 per la prima volta l’Italia è salita al quinto posto tra i maggiori esportatori al mondo: si è piazzata dietro Cina, Usa, Germania e Paesi Bassi superando economie come Giappone, Corea del Sud, Francia che quasi sempre vendono più merci di noi.
Chimica, farmaceutica, ma anche alimentari, i settori che si fanno strada dall’altra parte del mondo
La crescita del valore delle esportazioni negli ultimi anni è stata superiore a quella dei prezzi in settori che per l’ecosistema italiano hanno un’importanza fondamentale perché ad alto valore aggiunto. Ad esempio il farmaceutico, fiore all’occhiello della nostra industria, che ha visto le proprie vendite all’estero salire del 64,7% tra il 2019 e il 2024 (da 32,7 a 53,8 miliardi), +64,7% che diventa +84,6% se guardiamo ai mercati extra-europei, grazie al quasi raddoppio dell’export verso gli Usa (da 5,8 a 10,1 miliardi) e alla fortissima crescita dell’area Asean che, sempre in 5 anni, ha fatto segnare un incredibile +142,6%.
Meglio della media sono anche i dati relativi alla chimica, che ha visto salire le esportazioni verso i Paesi extra-europei del 36,1% tra 2019 e 2024 e l’importantissimo comparto dei prodotti alimentari e delle bevande. È proprio in un contesto molto concorrenziale come quello di questo settore, in cui non sono spesso possibili alti margini, che è essenziale trovare sempre nuovi sbocchi, modificando continuamente le strategie commerciali. È quello che hanno saputo fare tante imprese italiane del food, tanto è vero che l’export del comparto verso le economie extra-europee è salito del 54,3% in quei 5 anni, con un boom verso realtà come quella turca, +109,9%, indiana, +64,9%, o del Mercosur dove l’export è cresciuto dell’86,8%.
Insomma: il dato che stupisce non è solo l’aumento dell’export e i record delle industry ad alto valore aggiunto, ma anche il fatto che le imprese italiane sono straordinariamente capaci di trovare una via di fuga alla crisi dei mercati tradizionali.
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